Un profondo cambiamento sta caratterizzando lo scenario rappresentato dalle malattie autoimmuni invalidanti, grazie alla possibilità di personalizzare fortemente la cura in base alle esigenze specifiche per diagnosi e per caratteristiche del paziente. La disponibilità di un portafoglio di soluzioni ampio e differenziato, arricchito dai biosimilari e dalla contemporanea disponibilità di farmaci innovativi, deve tuttavia accompagnarsi alla capacità di gestione delle terapie stessa, dall’accesso alla programmazione e pianificazione dell’assistenza (sanitaria) farmaceutica, compito che viene con sempre maggiore frequenza reso necessario integrare alle competenze cliniche specifiche. Il clinico quindi è chiamato ad esprimere competenze manageriali che lo affiancano alle direzioni e ai farmacisti SSN nella gestione dei processi di cura del paziente.
Questa sfida ne aumenta non solo le competenze ma anche la contrattualità nella fase di definizione
dell’accesso alle risorse per ciascun dipartimento.
La complessità legata alla nuova fase, espressamente sottolineata nella presente proposta formativa, nasce sostanzialmente dal progressivo miglioramento delle condizioni socio-sanitarie e la crescente disponibilità di farmaci efficaci sulle malattie acute che ha inciso sugli scenari di cura modificandone profondamente l’assetto.
A fronte dell’invecchiamento della popolazione si assiste così all’incremento delle patologie ad andamento cronico, non di rado compresenti nel medesimo individuo, caratterizzate da esordio subdolo e graduale, necessità di presa in carico multidisciplinare, assenza di terapia risolutiva, assistenza integrata a lungo termine e impossibilità di restitutio ad integrum del soggetto che ne è colpito.
Ciò impone che le risorse a disposizione per il singolo paziente siano destinate alla costruzione di un percorso assistenziale che sottragga margini allo spreco, evitando che i rimbalzi tra uno specialista e l’altro risultino in diagnosi tardive, che l’offerta di cura sia frammentaria, quando non contraddittoria, che l’investimento in farmaci innovativi sia inappropriato, che aumentino ricoveri, ospedalizzazioni e interventi chirurgici, e la qualità della vita sia irrimediabilmente compromessa.
Inoltre, l’approccio al paziente con cronicità non è complesso solo dal punto di vista strettamente clinico: il grado di disabilità correlato con la malattia mette a dura prova le capacità psichiche, relazionali, affettive della persona che sperimenta rifiuto della propria condizione e della terapia, in un circolo vizioso che apre la via a prescrizioni inappropriate, interazioni farmacologiche e reazioni avverse. Affrontare la cronicità significa dunque raccogliere una «sfida di sistema, che deve andare oltre i limiti delle diverse istituzioni, superare i confini tra servizi sanitari e sociali, promuovere l’integrazione tra differenti professionalità